Gentili lettori,
ho il piacere di annunciarvi la mia collaborazione quotidiana con la radio VERO VOLLEY CHANNEL.
È una radio on-line, ascoltabile a questo link.
http://www.verovolleychannel.it/
Eseguirò le previsioni da lunedì a venerdì su tutta Italia e sarò trasmesso ogni giorno a cadenza oraria (dal primo mattino fin sera).
Ringrazio sentitamente il prof. F. Marsala per avermi concesso questo onore.
Buon ascolto a tutti!
Davide Santini
Meteorologia, scienza ed etica ambientale. Riflessioni scientifiche. Economia ambientale. Riscaldamento globale. Davide Santini cerca, nel suo blog, di spiegare in maniera chiara le complesse tematiche ambientali e territoriali, divulgando la cultura scientifica in ogni suo ambito.
I miei articoli ordinati per argomento
domenica 19 febbraio 2017
giovedì 16 febbraio 2017
P COME PREVENZIONE
“Ogni euro investito in prevenzione ne fa risparmiare otto
per danni evitati”: è con questa frase di F. Gatti (consorzio di bonifica della
media Pianura bergamasca, 2014) che introduco questo articolo. L’importanza
della prevenzione è enorme, non solo dal lato economico, ma anche dalla
(mancata!) conta di vite umane. In un paese come il nostro, con elevatissimo
rischio idrogeologico, sismico e vulcanologico, investire sulla prevenzione è
un imperativo: ma cosa si intende per prevenzione?
Il 69% dei comuni italiani ha un rischio di frane e smottamenti, che va da "trascurabile" a "molto elevato" (fonte LookOutNews, basato sui dati gentilmente concessi dalla Protezione Civile (2015).
Possiamo rispondere a questa
domanda distinguendo tre categorie.
1) prevenzione in caso di fenomeno
atmosferico: allorquando ci sono scontri tra masse d’aria notevolmente diverse
(caldo-umida da una parte e fredda dall’altra) lo sviluppo di temporali di
forte intensità dà luogo a possibili frane e smottamenti, nonché ad alluvioni
lampo (localizzate e improvvise, difficilmente prevedibili) oppure areali (su
vasta scala, lente ed inesorabili, ma più facilmente contrastabili)
2) prevenzione nel caso di fenomeno sismico-vulcanologico: a
differenza di quello meteo, questi casi non sono prevedibili (soprattutto i
terremoti), pertanto le soluzioni sono da un lato costruire abitazioni e luoghi
pubblici antisismici e dall’altro informare la popolazione residente su quali
strategie adottare in caso di emergenza
3) informare i cittadini, tramite lezioni a scuola,
esercitazioni di evacuazioni in caso di scossa tellurica, comportamenti da
adottare in caso di frana, smottamento, alluvione o valanga.
Questi tre punti spesso sono poco divulgati, anche se per
fortuna negli ultimi anni c’è stata una maggiore sensibilizzazione (dopo i
continui disastri!): il caso recente migliore (che riporto ancora) è stato
nell’allarme ottimamente recepito per l’eventuale alluvione dell’ottobre 2016
per la città di Genova. Dopo la disastrosa alluvione del novembre 2011, dove
persero la vita 11 persone perché tutte le scuole e gli uffici erano aperti
(!) si è deciso che quando c’è l’allerta massima (cosa sovente in autunno) si
devono limitare al minimo tutti gli spostamenti e lasciare le strade libere per
eventuali mezzi di emergenza. E ha funzionato, grazie sia all'allerta, sia al fatto che il sistema
autorigenerante del 2016 è stato -per fortuna- meno severo di quello del 2011.
Il punto 2, purtroppo, non è ancora affatto recepito
correttamente, come ha dimostrato il devastante terremoto del 24 agosto 2016 (e
successive scosse) del Centro Italia. La popolazione, che risiedeva in
abitazioni fuori luogo e insicure, nonché del tutto priva di nozioni
scientifiche in caso di scossa tellurica, ha adottato i comportamenti più
svariati. Ricordo un’affermazione del geologo M. Tozzi che era “sconvolto” dal
fatto che, non appena ci fu una delle interminabili scosse successive, alcuni
abitanti che vivevano in tende (luoghi SICURI che NON crollano) sono schizzate fuori
per strada impaurite, quando dovrebbero essere “rassicurate” nel vivere
(momentaneamente) in un luogo strutturalmente sicuro.
Personalmente reputo fondamentale inserire in ambito
scolastico l’ora settimanale di educazione ambientale, dove sarebbe opportuno
informare e coinvolgere i giovani circa i cambiamenti climatici, la
prevenzione, i comportamenti etico-ambientali da adottare e da evitare: se insegniamo loro come
si crea una società resiliente (cioè che si adatta a forzanti esterne senza
essere stravolta) eviteremo in futuro la conta di vite umane e risparmieremo
una montagna di soldi (presi dalle tasse, ricordo, quindi soldi di tutti!): se
non seguiremo questa via, ogni anno avremo una nuova strage e continueremo a
dire “non abbiamo imparato nulla, si sapeva che era una zona a rischio e non è
stato fatto nulla”. Il nostro territorio è già di per sé fragile e se entrano
in gioco i cambiamenti climatici possono essere ulteriori dolori…
martedì 7 febbraio 2017
GENNAIO 2017: UNA SCOMODA VERITÀ (SECONDA PARTE)
In questo mio articolo ho analizzato gli effetti negativi
del mese di gennaio dal punto di vista meteorologico. Adesso tratterò da un
altro punto di vista: quello etico-economico.
Schema della tragedia del Rigopiano (cortesia di Daniele Cirillo)
La nostra società che ha tutto e desidera tutto è al tempo
stesso iper-tecnologica e altrettanto fragile. Nonostante i numerosissimi mezzi
di prevenzione e di soccorso, c’è stata l’ennesima tragedia (Hotel Rigopiano) e
l’ennesimo enorme disagio (interi paesi senza luce, riscaldamento né acqua per
giorni). Ma come è possibile che l’umanità che è andata sulla Luna si faccia
prendere in contropiede da…un ingresso di aria artica continentale? Com’è
possibile che ci siano al giorno d’oggi le app più folli e inutili, le
tecnologie più impensabili anche sulle comuni auto utilitarie e in casi come
quello del gennaio 2017 sopravvive chi si scalda a legna e vive a lume di
candela? La risposta è semplice: la nostra società vuole avere sempre tutto
sotto controllo e non è affatto resiliente: chi vive in taluni posti SA E DEVE
SAPERE che vive in zone assai nevose (oltre che sismiche…!), quindi deve
convivere col rischio di fenomeni simili: se poi ci si mettono anche i
cambiamenti climatici beh…ci vuole davvero una campagna di informazione
corretta. Purtroppo spesso e volentieri la gente comune non è affatto informata
su eventuali criticità oppure su comportamenti da adottare in caso di evento
estremo. Oltretutto, in diverse realtà si è costruito dove NON si sarebbe
dovuto: il caso lampante è la città di Genova, sempre alle prese col rischio
idrogeologico: ma allora come si fa? Spostiamo tutti i genovesi altrove?
Spostiamo gli abruzzesi e i molisani altrove? Le risposte possono essere varie
ed eventuali e si scontrano (giustamente) con l’etica, le tradizioni, i costumi
e le radici di ognuno di noi: un eventuale sfollamento per fenomeni intensi
rischia di far passare queste persone come “profughi climatici”. E nonostante i
beoti che sono pro-riscaldamento globale, i profughi climatici ci sono già e ci
saranno sempre di più: un esempio terraterra è quello dell’estate 2015, dove
molti cittadini, infastiditi dall’eterna ondata di calore, si sono riversati in
collina e montagna. È o non è un esodo da cambiamenti climatici? Ce lo siamo
già scordato? Forse il gelido gennaio 2017 ce l’ha fatto dimenticare: beh io
sono qui a ricordarvelo!
Ma torniamo al caso di rischio di fenomeni violenti:
allorquando c’è un rischio CONCLAMATO (e al giorno d’oggi si può prevedere con
ragionevole probabilità un’alluvione) si deve ALLERTARE la popolazione, devono chiudere
uffici, scuole, negozi e in caso estremo
SGOMBERARE quella zona: meglio uno sforzo prima che la conta dei danni (e delle
vittime) poi, non credete?
Fermo restando che se poi la catastrofe non c’è ci si
arrabbia perché si ha perso un giorno di lavoro: vi giuro ho letto certe
assurdità! Ma scherziamo? Ma allora diventiamo schiavi del lavoro e del
guadagno! Un utente affermava che la ditta gli ha contato quello perso come
“giorno di vacanza” e gli rimanevano 20 miseri giorni di ferie: un altro utente
si lamentava che, essendo libero professionista, aveva avuto mancati guadagni
per quel giorno. Queste due storie al limite del grottesco sono ahimè reali e
il problema è dell’uomo (non certo della natura), che con la sua visione
pecuniaria, monetizzante e capitalistica di ogni cosa si autocrea danni da
solo, in nome del lavoro e del denaro. In fondo, decenni fa probabilmente non ci saremo dovuti spostare per
andare a lavoro con due metri di neve, saremmo rimasti chiusi per un paio di
giorni nelle nostre case e probabilmente ci sarebbero stati meno danni.
Capitalismo e ritmi della natura non vanno di pari passo: bastano pochi cm di
neve o mm di acqua per mandare in tilt gli spostamenti, molte persone si
arrabbiano se piove, se nevica, se grandina, se fa caldo, se fa freddo… la
verità è che codeste persone sono ahimè frustrate: mi è capitato di sentire una
persona che si imbufaliva perché nell’unica (!!!) settimana di ferie estiva
capitava il regime atlantico foriero di temporali, mandando alle ortiche le sue
brevissime vacanze. La verità è che i ritmi di lavoro e della società odierna
dove vogliamo tutto e subito (come se non ci fosse un domani) ci stanno facendo
odiare qualsiasi tipo di tempo, qualsiasi clima, qualsiasi evento atmosferico.
Dovremmo abbandonare questa folle corsa verso il nulla (Per andare dove? Per
vincere cosa?) e riabbracciare la filosofia della natura, della lentezza e
della sobrietà. E –non da ultimo- fare prevenzione, prevenzione e ancora
prevenzione. Insegnare nelle scuole quanto l’uomo sia complice del
riscaldamento globale, quanto le generazioni attuali e future, anziché
imbambolarsi dietro i telefonini da 500€, possano fare per fermare il global
warming ed evitare un “nuovo rigopiano” o una nuova alluvione. Vogliamo vivere
serenamente in armonia con la natura (in maniera resiliente) o vogliamo ancora
stupirci di una futura alluvione, magari per mancanza di gasolio o per cattiva
manutenzione? Anziché mandare sonde o voler abitare Marte, anziché finanziare
guerre o app che ti dicono qual è il ristorante più chic della zona, vogliamo
finanziare ciò che veramente serve e fa risparmiare vite umane, risorse ambientali
e soldi pubblici, ovvero la cultura dell’ambiente e la prevenzione?
mercoledì 1 febbraio 2017
GENNAIO 2017: UNA SCOMODA VERITÀ (PRIMA PARTE)
Il titolo non è scritto a caso ma riprende ovviamente il
titolo del famoso film documentario di Al Gore del 2007. Sono passati
esattamente 10 anni (uscì proprio nel gennaio 2007) e pian piano ciò che diceva
sta diventando realtà. Ma torniamo a quello che è successo in Abruzzo: il
collega Cat Berro, in questo ottimo articolo, ha affermato che l’ondata di gelo
del gennaio 2017 è paragonabile al febbraio 2012, quindi una
delle più intense e durature degli ultimi decenni, soprattutto al meridione. L’estensione areale
dell’anomalia è impressionante, come si può vedere dalla seguente immagine.
Io non voglio entrare nel dibattito di eventuali colpe dei
soccorsi, procura, provincia, allarmi non ascoltati ecc. (ci sarà sicuramente
una vasta indagine penale a riguardo e io non sono certo un magistrato), ma
voglio spiegarvi il motivo del titolo.
Scomoda verità e riferito sia dal punto di vista
meteorologico, sia ingegneristico-economico. Per una volta tratterò anche di
tematiche non del tutto inerenti alle previsioni meteo, ma amplierò il discorso
nella SECONDA PARTE (in fondo un’altra mia passione è proprio l’economia!).
Cominciamo dal punto di vista meteo: scomoda verità perché
DOBBIAMO abituarci a fenomeni simili in futuro, anche più ravvicinati nel tempo,
e il gennaio 2017 NON è in contrasto con il global warming. Nonostante ci siano
i negazionisti (anche persone potenti…), una delle conseguenze di quest’ultimo
è la variazione del Jet Stream (JS). Il ricercatore J. Screen della University
of Exeter ha studiato ed espresso una possibile variazione del JS alle medie
latitudini sul Nord America (ma medesima affermazione si può fare anche per
l’Eurasia): un ottimo studio di Woollings
& Blackburn (2012) ha invece dimostrato la correlazione tra GW, JS e
NAO. Non state capendo molto? Proverò a essere più chiaro.
Una delle possibili conseguenze di un maggiore riscaldamento
ai Polo Nord (fatto CONCLAMATO) è l’accentuazione del JS: le ondulazioni si
fanno più ampie, c’è una maggiore superficie di scambio tra masse calde e
fredde nonché una maggiore altalena tra di esse, pertanto c’è alternanza di
periodi molto caldi (più comuni) e molto freddi (meno comuni, ma sempre
esistenti), il tutto in un contesto di RISCALDAMENTO globale.
Esempio di JS molto pronunciato (1 luglio 2015, fonte MeteoClima): si notano le vaste oscillazione che conducono a lunghi periodi "di blocco".
Per farla molto semplice è possibile una forte alternanza
tra figure sub-tropicali persistenti (dicembre 2016) e figure
artico-continentali persistenti (gennaio 2017), enfatizzando gli scambi
MERIDIANI (direzione N-S): in altre parole o fa molto caldo per molto tempo, o
fa molto freddo per molto tempo (meno probabile ma sempre possibile) o piove
tanto per molto tempo (è una semplificazione, ricordo, ma non distante dalla
realtà). Queste si chiamano situazioni “di blocco”, dove viene meno la classica
dinamicità del nostro tempo, quest’ultimo si inceppa e per molti giorni permane
una staticità assoluta a livello di meso e larga scala. Si badi bene che per
staticità intendo anche l’incessante flusso atlantico del 2014, foriero di
piogge continue e battenti per settimane!
Ecco spiegato per cui le ingentissime nevicate abruzzesi
(che ricordo SONO VENUTE IN UNA ZONA ALTO LIVELLO NEVOSO, non sulla
costa siciliana!) non sono in contrasto col GW.
Per concludere: la colpa è ancora una volta dell’uomo almeno
per tre motivi.
1) I meteorologi avevano messo allerta massima e chi doveva
prendere decisioni non ha fatto nulla per evitare la catastrofe del Rigopiano
(e anche di tutti i paesini isolati)
2) Molte zone dell’Abruzzo e del Molise sono ESTREMAMENTE
NEVOSE, quindi è assurdo che nel 2017, circondati da ogni tipo di tecnologia
(anche del tutto inutile) non si riesca a fare una benedetta prevenzione!
3) Era plausibile che prima o poi un disastro sarebbe successo al Rigopiano,
perché un tale ammasso di cemento e vetro (antivalanga direi!) è stato
costruito in una zona a rischio valanghe e perdipiù con la facciata principale
perpendicolare ad eventuale caduta di materiale, tutto ciò che NON si dovrebbe
fare. A fianco all’(ex) hotel c’è un altro piccolissimo rifugio degli anni ’30
che ha retto perfettamente. Un secolo fa non c’erano ingegneria delle
costruzioni e urbanistica eppure la struttura ha resistito, così come nel
terremoto dell’Aquila del 2009 hanno retto chiese del ‘400 e non strutture
degli anni ’70 del NOVECENTO. Io qualche domanda me la porrei…
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