domenica 19 febbraio 2017

Collaborazione con Vero Volley Channel

Gentili lettori,

ho il piacere di annunciarvi la mia collaborazione quotidiana con la radio VERO VOLLEY CHANNEL.
È una radio on-line, ascoltabile a questo link.

http://www.verovolleychannel.it/



Eseguirò le previsioni da lunedì a venerdì su tutta Italia e sarò trasmesso ogni giorno a cadenza oraria (dal primo mattino fin sera).
Ringrazio sentitamente il prof. F. Marsala per avermi concesso questo onore.
Buon ascolto a tutti!

Davide Santini

giovedì 16 febbraio 2017

P COME PREVENZIONE

“Ogni euro investito in prevenzione ne fa risparmiare otto per danni evitati”: è con questa frase di F. Gatti (consorzio di bonifica della media Pianura bergamasca, 2014) che introduco questo articolo. L’importanza della prevenzione è enorme, non solo dal lato economico, ma anche dalla (mancata!) conta di vite umane. In un paese come il nostro, con elevatissimo rischio idrogeologico, sismico e vulcanologico, investire sulla prevenzione è un imperativo: ma cosa si intende per prevenzione? 



Il 69% dei comuni italiani ha un rischio di frane e smottamenti, che va da "trascurabile" a "molto elevato" (fonte LookOutNews, basato sui dati gentilmente concessi dalla Protezione Civile (2015).


Possiamo rispondere a questa domanda distinguendo tre categorie. 
1) prevenzione in caso di fenomeno atmosferico: allorquando ci sono scontri tra masse d’aria notevolmente diverse (caldo-umida da una parte e fredda dall’altra) lo sviluppo di temporali di forte intensità dà luogo a possibili frane e smottamenti, nonché ad alluvioni lampo (localizzate e improvvise, difficilmente prevedibili) oppure areali (su vasta scala, lente ed inesorabili, ma più facilmente contrastabili)
2) prevenzione nel caso di fenomeno sismico-vulcanologico: a differenza di quello meteo, questi casi non sono prevedibili (soprattutto i terremoti), pertanto le soluzioni sono da un lato costruire abitazioni e luoghi pubblici antisismici e dall’altro informare la popolazione residente su quali strategie adottare in caso di emergenza
3) informare i cittadini, tramite lezioni a scuola, esercitazioni di evacuazioni in caso di scossa tellurica, comportamenti da adottare in caso di frana, smottamento, alluvione o valanga.

Questi tre punti spesso sono poco divulgati, anche se per fortuna negli ultimi anni c’è stata una maggiore sensibilizzazione (dopo i continui disastri!): il caso recente migliore (che riporto ancora) è stato nell’allarme ottimamente recepito per l’eventuale alluvione dell’ottobre 2016 per la città di Genova. Dopo la disastrosa alluvione del novembre 2011, dove persero la vita 11 persone perché tutte le scuole e gli uffici erano aperti (!) si è deciso che quando c’è l’allerta massima (cosa sovente in autunno) si devono limitare al minimo tutti gli spostamenti e lasciare le strade libere per eventuali mezzi di emergenza. E ha funzionato, grazie sia all'allerta, sia al fatto che il sistema autorigenerante del 2016 è stato -per fortuna- meno severo di quello del 2011.
Il punto 2, purtroppo, non è ancora affatto recepito correttamente, come ha dimostrato il devastante terremoto del 24 agosto 2016 (e successive scosse) del Centro Italia. La popolazione, che risiedeva in abitazioni fuori luogo e insicure, nonché del tutto priva di nozioni scientifiche in caso di scossa tellurica, ha adottato i comportamenti più svariati. Ricordo un’affermazione del geologo M. Tozzi che era “sconvolto” dal fatto che, non appena ci fu una delle interminabili scosse successive, alcuni abitanti che vivevano in tende (luoghi SICURI che NON crollano) sono schizzate fuori per strada impaurite, quando dovrebbero essere “rassicurate” nel vivere (momentaneamente) in un luogo strutturalmente sicuro.

Personalmente reputo fondamentale inserire in ambito scolastico l’ora settimanale di educazione ambientale, dove sarebbe opportuno informare e coinvolgere i giovani circa i cambiamenti climatici, la prevenzione, i comportamenti etico-ambientali da adottare e da evitare: se insegniamo loro come si crea una società resiliente (cioè che si adatta a forzanti esterne senza essere stravolta) eviteremo in futuro la conta di vite umane e risparmieremo una montagna di soldi (presi dalle tasse, ricordo, quindi soldi di tutti!): se non seguiremo questa via, ogni anno avremo una nuova strage e continueremo a dire “non abbiamo imparato nulla, si sapeva che era una zona a rischio e non è stato fatto nulla”. Il nostro territorio è già di per sé fragile e se entrano in gioco i cambiamenti climatici possono essere ulteriori dolori…

martedì 7 febbraio 2017

GENNAIO 2017: UNA SCOMODA VERITÀ (SECONDA PARTE)

In questo mio articolo ho analizzato gli effetti negativi del mese di gennaio dal punto di vista meteorologico. Adesso tratterò da un altro punto di vista: quello etico-economico. 


Schema della tragedia del Rigopiano (cortesia di Daniele Cirillo)


La nostra società che ha tutto e desidera tutto è al tempo stesso iper-tecnologica e altrettanto fragile. Nonostante i numerosissimi mezzi di prevenzione e di soccorso, c’è stata l’ennesima tragedia (Hotel Rigopiano) e l’ennesimo enorme disagio (interi paesi senza luce, riscaldamento né acqua per giorni). Ma come è possibile che l’umanità che è andata sulla Luna si faccia prendere in contropiede da…un ingresso di aria artica continentale? Com’è possibile che ci siano al giorno d’oggi le app più folli e inutili, le tecnologie più impensabili anche sulle comuni auto utilitarie e in casi come quello del gennaio 2017 sopravvive chi si scalda a legna e vive a lume di candela? La risposta è semplice: la nostra società vuole avere sempre tutto sotto controllo e non è affatto resiliente: chi vive in taluni posti SA E DEVE SAPERE che vive in zone assai nevose (oltre che sismiche…!), quindi deve convivere col rischio di fenomeni simili: se poi ci si mettono anche i cambiamenti climatici beh…ci vuole davvero una campagna di informazione corretta. Purtroppo spesso e volentieri la gente comune non è affatto informata su eventuali criticità oppure su comportamenti da adottare in caso di evento estremo. Oltretutto, in diverse realtà si è costruito dove NON si sarebbe dovuto: il caso lampante è la città di Genova, sempre alle prese col rischio idrogeologico: ma allora come si fa? Spostiamo tutti i genovesi altrove? Spostiamo gli abruzzesi e i molisani altrove? Le risposte possono essere varie ed eventuali e si scontrano (giustamente) con l’etica, le tradizioni, i costumi e le radici di ognuno di noi: un eventuale sfollamento per fenomeni intensi rischia di far passare queste persone come “profughi climatici”. E nonostante i beoti che sono pro-riscaldamento globale, i profughi climatici ci sono già e ci saranno sempre di più: un esempio terraterra è quello dell’estate 2015, dove molti cittadini, infastiditi dall’eterna ondata di calore, si sono riversati in collina e montagna. È o non è un esodo da cambiamenti climatici? Ce lo siamo già scordato? Forse il gelido gennaio 2017 ce l’ha fatto dimenticare: beh io sono qui a ricordarvelo!

Ma torniamo al caso di rischio di fenomeni violenti: allorquando c’è un rischio CONCLAMATO (e al giorno d’oggi si può prevedere con ragionevole probabilità un’alluvione) si deve ALLERTARE la popolazione, devono chiudere uffici, scuole, negozi e  in caso estremo SGOMBERARE quella zona: meglio uno sforzo prima che la conta dei danni (e delle vittime) poi, non credete?

Fermo restando che se poi la catastrofe non c’è ci si arrabbia perché si ha perso un giorno di lavoro: vi giuro ho letto certe assurdità! Ma scherziamo? Ma allora diventiamo schiavi del lavoro e del guadagno! Un utente affermava che la ditta gli ha contato quello perso come “giorno di vacanza” e gli rimanevano 20 miseri giorni di ferie: un altro utente si lamentava che, essendo libero professionista, aveva avuto mancati guadagni per quel giorno. Queste due storie al limite del grottesco sono ahimè reali e il problema è dell’uomo (non certo della natura), che con la sua visione pecuniaria, monetizzante e capitalistica di ogni cosa si autocrea danni da solo, in nome del lavoro e del denaro. In fondo, decenni fa probabilmente non ci saremo dovuti spostare per andare a lavoro con due metri di neve, saremmo rimasti chiusi per un paio di giorni nelle nostre case e probabilmente ci sarebbero stati meno danni. Capitalismo e ritmi della natura non vanno di pari passo: bastano pochi cm di neve o mm di acqua per mandare in tilt gli spostamenti, molte persone si arrabbiano se piove, se nevica, se grandina, se fa caldo, se fa freddo… la verità è che codeste persone sono ahimè frustrate: mi è capitato di sentire una persona che si imbufaliva perché nell’unica (!!!) settimana di ferie estiva capitava il regime atlantico foriero di temporali, mandando alle ortiche le sue brevissime vacanze. La verità è che i ritmi di lavoro e della società odierna dove vogliamo tutto e subito (come se non ci fosse un domani) ci stanno facendo odiare qualsiasi tipo di tempo, qualsiasi clima, qualsiasi evento atmosferico. Dovremmo abbandonare questa folle corsa verso il nulla (Per andare dove? Per vincere cosa?) e riabbracciare la filosofia della natura, della lentezza e della sobrietà. E –non da ultimo- fare prevenzione, prevenzione e ancora prevenzione. Insegnare nelle scuole quanto l’uomo sia complice del riscaldamento globale, quanto le generazioni attuali e future, anziché imbambolarsi dietro i telefonini da 500€, possano fare per fermare il global warming ed evitare un “nuovo rigopiano” o una nuova alluvione. Vogliamo vivere serenamente in armonia con la natura (in maniera resiliente) o vogliamo ancora stupirci di una futura alluvione, magari per mancanza di gasolio o per cattiva manutenzione? Anziché mandare sonde o voler abitare Marte, anziché finanziare guerre o app che ti dicono qual è il ristorante più chic della zona, vogliamo finanziare ciò che veramente serve e fa risparmiare vite umane, risorse ambientali e soldi pubblici, ovvero la cultura dell’ambiente e la prevenzione?

mercoledì 1 febbraio 2017

GENNAIO 2017: UNA SCOMODA VERITÀ (PRIMA PARTE)

Il titolo non è scritto a caso ma riprende ovviamente il titolo del famoso film documentario di Al Gore del 2007. Sono passati esattamente 10 anni (uscì proprio nel gennaio 2007) e pian piano ciò che diceva sta diventando realtà. Ma torniamo a quello che è successo in Abruzzo: il collega Cat Berro, in questo ottimo articolo, ha affermato che l’ondata di gelo del gennaio 2017 è paragonabile al febbraio 2012, quindi una delle più intense e durature degli ultimi decenni, soprattutto al meridione. L’estensione areale dell’anomalia è impressionante, come si può vedere dalla seguente immagine.


Anomalie termiche dei primi 20 giorni di gennaio 2017 (fonte WeatherBELL): una vastissima area con anomalia negativa ricopre quasi tutto il Vecchio Continente e in particolare la zona Balcanica e peninsulare italiana registra anomalie importanti.


Io non voglio entrare nel dibattito di eventuali colpe dei soccorsi, procura, provincia, allarmi non ascoltati ecc. (ci sarà sicuramente una vasta indagine penale a riguardo e io non sono certo un magistrato), ma voglio spiegarvi il motivo del titolo.
Scomoda verità e riferito sia dal punto di vista meteorologico, sia ingegneristico-economico. Per una volta tratterò anche di tematiche non del tutto inerenti alle previsioni meteo, ma amplierò il discorso nella SECONDA PARTE (in fondo un’altra mia passione è proprio l’economia!).
Cominciamo dal punto di vista meteo: scomoda verità perché DOBBIAMO abituarci a fenomeni simili in futuro, anche più ravvicinati nel tempo, e il gennaio 2017 NON è in contrasto con il global warming. Nonostante ci siano i negazionisti (anche persone potenti…), una delle conseguenze di quest’ultimo è la variazione del Jet Stream (JS). Il ricercatore J. Screen della University of Exeter ha studiato ed espresso una possibile variazione del JS alle medie latitudini sul Nord America (ma medesima affermazione si può fare anche per l’Eurasia): un ottimo studio di Woollings & Blackburn (2012) ha invece dimostrato la correlazione tra GW, JS e NAO. Non state capendo molto? Proverò a essere più chiaro.
Una delle possibili conseguenze di un maggiore riscaldamento ai Polo Nord (fatto CONCLAMATO) è l’accentuazione del JS: le ondulazioni si fanno più ampie, c’è una maggiore superficie di scambio tra masse calde e fredde nonché una maggiore altalena tra di esse, pertanto c’è alternanza di periodi molto caldi (più comuni) e molto freddi (meno comuni, ma sempre esistenti), il tutto in un contesto di RISCALDAMENTO globale.


Esempio di JS molto pronunciato (1 luglio 2015, fonte MeteoClima): si notano le vaste oscillazione che conducono a lunghi periodi "di blocco".


Per farla molto semplice è possibile una forte alternanza tra figure sub-tropicali persistenti (dicembre 2016) e figure artico-continentali persistenti (gennaio 2017), enfatizzando gli scambi MERIDIANI (direzione N-S): in altre parole o fa molto caldo per molto tempo, o fa molto freddo per molto tempo (meno probabile ma sempre possibile) o piove tanto per molto tempo (è una semplificazione, ricordo, ma non distante dalla realtà). Queste si chiamano situazioni “di blocco”, dove viene meno la classica dinamicità del nostro tempo, quest’ultimo si inceppa e per molti giorni permane una staticità assoluta a livello di meso e larga scala. Si badi bene che per staticità intendo anche l’incessante flusso atlantico del 2014, foriero di piogge continue e battenti per settimane!
Ecco spiegato per cui le ingentissime nevicate abruzzesi (che ricordo SONO VENUTE IN UNA ZONA ALTO LIVELLO NEVOSO, non sulla costa siciliana!) non sono in contrasto col GW.

Per concludere: la colpa è ancora una volta dell’uomo almeno per tre motivi.
1) I meteorologi avevano messo allerta massima e chi doveva prendere decisioni non ha fatto nulla per evitare la catastrofe del Rigopiano (e anche di tutti i paesini isolati)
2) Molte zone dell’Abruzzo e del Molise sono ESTREMAMENTE NEVOSE, quindi è assurdo che nel 2017, circondati da ogni tipo di tecnologia (anche del tutto inutile) non si riesca a fare una benedetta prevenzione!
3) Era plausibile che prima o poi un disastro sarebbe successo al Rigopiano, perché un tale ammasso di cemento e vetro (antivalanga direi!) è stato costruito in una zona a rischio valanghe e perdipiù con la facciata principale perpendicolare ad eventuale caduta di materiale, tutto ciò che NON si dovrebbe fare. A fianco all’(ex) hotel c’è un altro piccolissimo rifugio degli anni ’30 che ha retto perfettamente. Un secolo fa non c’erano ingegneria delle costruzioni e urbanistica eppure la struttura ha resistito, così come nel terremoto dell’Aquila del 2009 hanno retto chiese del ‘400 e non strutture degli anni ’70 del NOVECENTO. Io qualche domanda me la porrei…